Nel 2021 ho deciso di dedicare la mia tesi di Laurea magistrale in “Corporate communication and media”, presso l’Università degli studi di Salerno, alla dipendenza da WhatsApp. Sono arrivato a scegliere questo argomento riflettendo durante lunghissime passeggiate nella natura. Mentre camminavo ho avvertito l’esigenza di dedicarmi a questi argomenti con l’obiettivo di aiutare me stesso, e gli altri, a sviluppare una maggiore consapevolezza sull’uso ecccessivo di smartphone e social media e le conseguenze di questo sovrauso. Sono convinto che noi utenti dovremmo mettere in atto una vera e propria Resistenza. La ricerca mi ha portato a conoscere quali sono i meccanismi che le piattaforme usano per tenerci incollati agli schermi e penso che la lotta che abbiamo di fronte è impari. Da un lato ci siamo noi con un telefono in mano, dall’altro lato ci sono migliaia di scienziati e ingegneri che lavorano incessantemente per manipolare i nostri comportamenti con uno scopo primario: farci stare quante più ore possibile incollati agli schermi.
Il titolo della tesi era “Nuove dipendenze digitali: sviluppo di una WhatsApp addiction scale“, relatore prof. Felice Addeo, e lo scopo era condurre uno studio pilota sulla costruzione di una scala di valutazione della dipendenza da WhatsApp adattata al contesto italiano.
I risultati della tesi sono stati presentati da Valentina D’Auria durante la conferenza “Research methods in the digital society: areas and practices” che si è tenuta online il 24-25 novembre 2021 a cura dell’International lab for innovative social research di Salerno.
In seguito, la tesi è diventata un articolo scientifico scritto in collaborazione con Felice Addeo, Valentina D’Auria, Vincenzo Esposito, Gianmaria Bottoni che è stato pubblicato a Luglio 2023 su “Italian journal of sociology of education“.
Per chi volesse leggere tutto l’articolo in formato originale, lo può scarica a questo link.
Negli ultimi anni, lo studio delle dipendenze comportamentali ha visto un incremento significativo ulteriormente accentuato dalle dinamiche indotte dalla pandemia di Covid-19. Secondo l’ultima versione del DSM (2023), una dipendenza comportamentale si manifesta quando non è coinvolta alcuna sostanza. La caratteristica di tale dipendenza è che l’individuo cerca compulsivamente di implementare un comportamento che procura una ricompensa senza implicare l’assunzione di una droga o sostanza psicoattiva.
Le dipendenze comportamentali mostrano notevoli somiglianze nelle loro caratteristiche e conseguenze con la dipendenza da sostanze. Alcuni criteri comuni a entrambi i tipi di dipendenza includono la capacità di instaurare una relazione dipendente con certi comportamenti, da cui si ottiene un rinforzo positivo, e una preoccupazione eccessiva per il consumo o un comportamento che causa tale rinforzo.
La ricerca sulle dipendenze comportamentali, e in particolare su quelle digitali e tecnologiche, si è ampliata notevolmente, abbracciando un’ampia varietà di argomenti, tra cui la dipendenza da Internet, smartphone, Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e WhatsApp, manifestando come l’interesse accademico in campi come la sociologia o l’educazione si sia intensificato. Questo studio mira a esplorare e approfondire l’uso di WhatsApp nella vita quotidiana degli utenti, con l’obiettivo di sviluppare e validare successivamente un indice per l’identificazione della dipendenza da WhatsApp.
A partire dagli anni ’90, con la diffusione del World Wide Web, sono emersi studi che indagano la dipendenza da Internet. Da un punto di vista neurologico, la dipendenza da Internet può essere paragonata a quella da sostanze essendo definita come una dipendenza comportamentale. Nelle dipendenze comportamentali, la dipendenza non è causata dalla sostanza in sé ma da comportamenti ripetitivi che offrono piacere a breve termine e che possono diventare nocivi nel lungo periodo influenzando negativamente altri ambiti della vita quotidiana delle persone. Questo tipo di dipendenza può includere quella da Internet, gioco d’azzardo, videogiochi, social network, email, smartphone, shopping, sesso, pornografia, serie TV, emozioni, lavoro e attività fisica.
Nel 2016, un team di ricercatori ha elaborato un modello teorico per lo sviluppo e il mantenimento della dipendenza da Internet, noto come Interaction of Person-Affect-Cognition-Execution (I-PACE), poi rivisto nel 2019. Gli autori hanno cercato di descrivere come la dipendenza si acquisisce e si sviluppa prendendo in considerazione fattori predisponenti, tra cui aspetti genetici e biologici del comportamento umano, che potrebbero influenzare l’uso problematico di Internet in futuro. Per esempio, esperienze negative durante l’infanzia possono avere conseguenze durature rendendo alcuni individui più vulnerabili allo sviluppo di dipendenza da Internet, specialmente se hanno vissuto traumi precoci, abusi emotivi o fisici, episodi di isolamento sociale, o se sono stati esposti massicciamente all’uso di Internet e dei social media da parte dei genitori.
Oltre a questi fattori predisponenti, sono state identificate tre psicopatologie che possono essere responsabili dei disturbi nell’uso di Internet: depressione, ansia sociale e Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD). Inoltre, altri fattori come impulsività, bassa autostima, coscienziosità, timidezza, nevroticismo, tendenza alla procrastinazione e bassa autodeterminazione, sono correlati alla dipendenza da Internet. L’uso di smartphone consente agli individui di accedere illimitatamente a Internet e, di conseguenza, potenzialmente connettersi al web in qualsiasi momento e luogo, aumentando così le dipendenze comportamentali, specialmente perché le persone possono accedere più facilmente a siti web o applicazioni che potrebbero giocare un ruolo cruciale nell’incoraggiare le dipendenze comportamentali sopracitate (es. dipendenza da pornografia, videogiochi, serie TV, ecc.). Il sovrautilizzo dei social media è stato anche dimostrato avere effetti negativi sul benessere delle persone e può peggiorare le relazioni interpersonali e romantiche.
La pervasività degli smartphone è tale che la mera presenza di questi oggetti, anche se spenti, può influenzare negativamente la qualità delle relazioni tra le persone. Attraverso gli smartphone è anche possibile connettersi alle applicazioni dei social network, tra cui i più popolari in Italia sono Facebook, Instagram, YouTube, TikTok e WhatsApp. Queste applicazioni sono progettate per catturare l’attenzione degli utenti attraverso trigger interni ed esterni che operano per mantenerli il più a lungo possibile sulle piattaforme. Per quanto riguarda questo ultimo punto, non sorprende che la quantità di tempo trascorso sui media digitali è correlata significativamente con la dipendenza.
L’obiettivo della studio è creare una scala di valutazione delle dipendenza da WhatsApp adattata al contesto italiano. Nonostante in Italia ci siano quasi 37 milioni di utenti su WhatsApp (fonte: statista.com) l’argomento è ancora poco studiato. Le due domande di ricerca (research questions) sono:
Il questionario è basato su quattro diverse sezioni: la prima indaga le informazioni socio-demografiche del campione; la seconda approfondisce la relazione tra gli utenti e i dispositivi digitali, i social media e Internet in generale; la terza esplora la propensione a sviluppare FoMO e dipendenze da Internet e smartphone (con scale presenti in letteratura); l’ultima dimensione mira a indagare la relazione tra gli utenti e l’applicazione WhatsApp (creato ex-novo).
Il questionario online è stato pre-testato su un piccolo campione (30 soggetti) per rilevare problemi nella struttura, domande difficili e diversi tipi di bias. I dati raccolti attraverso il questionario online sono stati gestiti dal servizio di hosting professionale offerto da SurveyMonkey. Il tempo medio necessario per completare il sondaggio è stato di 9 minuti. Delle 265 risposte raccolte, quelle incomplete sono state eliminate, ottenendo un totale netto di 224 risposte complete.
Nonostante non sia possibile generalizzare i risultati in quanto il campione usato non era rappresentativo, in coerenza con la letteratura scientifica, anche nel nostro studio sono state riscontrare delle correlazioni con età, genere e livello di istruzione.
Età
È emersa una correlazione negativa significativa tra l’età e l’Indice di Dipendenza da WhatsApp. Man mano che l’età degli utenti aumenta, la loro propensione a sviluppare una dipendenza da WhatsApp tende a diminuire. Pertanto, i gruppi di età più giovani sono quelli maggiormente a rischio di sviluppare una propensione alla dipendenza digitale.
Genere femminile
È stata riscontrata un’associazione tra il genere femminile e la propensione a sviluppare una dipendenza da WhatsApp. Le donne tendono a utilizzare WhatsApp (e i social in generale) in modo più intenso, il che potrebbe avere un impatto più negativo su di loro rispetto agli uomini, ai quali sono stati invece associati valori inferiori di utilizzo e dipendenza.
Livello di Istruzione
È stata osservata un’associazione negativa tra il livello di istruzione e la propensione a sviluppare una dipendenza da WhatsApp. Quando il livello di istruzione del campione aumenta, la propensione a sviluppare una dipendenza da WhatsApp diminuisce. Questo suggerisce che le persone più istruite potrebbero essere meno inclini a creare una dipendenza, probabilmente a causa di un orientamento diverso nell’uso di Internet ovvero tendono ad utilizzare Internet in modo più focalizzato per perseguire e migliorare se stessi, mentre le persone con un livello di istruzione più basso potrebbero utilizzare Internet prevalentemente per i social network.
Il lavoro presentato in questo articolo è una ricerca esplorativa e presenta limitazioni tra cui il campione non rappresentativo, è prevista per il futuro una fase di follow-up e avanzamento della ricerca.
Con pratiche supportate scientificamente, attraverso il contatto con la Natura selvaggia dentro e fuori di te, posso aiutarti a essere felice, forte e in salute.
Studio gli effetti dell’uso dello smartphone e le soluzioni per contrastarli attraverso la Natura
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